"Un giorno, guidati da stelle sicure,
ci ritroveremo in qualche angolo di mondo lontano,nei bassifondi, tra i musicisti e gli sbandati o sui sentieri dove corrone le fate"
Credo che ognuno di noi abbia degli obiettivi e che la voglia di migliorarsi e un minimo di consapevolezza in propri mezzi possa aiutare a raggiungerli. Credo non esista peggior delitto del buttare via sé stessi, le proprie potenzialità e quelle caratteristiche che ci rendono unici: è nostro doverecoltivarle e non lasciarle morire negli angoli bui della nostra esistenza. Non credo esista la sfortuna punto e basta: ciò che ci accade è quasi sempre conseguenza di quanto abbiamo fatto in precedenza e se qualcosa va storto probabilmente abbiamo commesso un errore da qualche parte. Poco male. L’importante è fermarsi un attimo, il tempo necessario a comprendere dove abbiamo sbagliato e per farne esperienza per il futuro. E se poi quello che chiamiamo destino ci riserva qualche sfida è doveroso provare a reagire:nella vita non si può essere sempre in debito, prima o poi ci sarà qualcuno o qualcosa che ci aiuterà a pareggiare i conti. Credo che per essere almeno un po’ felici ci voglia poco:volere bene a sé stessi e ai tuoi cari, l’affetto di chi ti sta intorno, qualche amico fidato, l’amore vero e disinteressato se hai la fortuna di trovarlo, circondarsi il più possibile di personepositive ed allegre con le quali condividere momenti divertenti, dare il largo alle tensioni e alle influenze negative, un po’ di musica, un po’ di moto e qualche soddisfazione ogni tanto. Credo nel potere terapeutico di una sana risata, nella forza di un sorriso e nella scarica di energia che ti dà un assolo di chitarra rock. Sto imparando a non farmi più sopraffare dal lavoro e dalle tensioni, il fisico e lo spirito alla lunga ne risentono. Credo che la frenesia, lo stress, le paure, le invidie e i sospetti ci impediscano di apprezzare le piccole cose belle della vita e ci rendano automi insensibili alle emozioni, pessimisti ed incapaci di relazionarci con gli altri. Non voglio essere più così. Voglio continuamente migliorarmi, ma con i miei tempi, non voglio frenare la curiosità nell’apprendimento e la voglia di conoscere e provare nuove esperienze: non c’è peggiore cosa del fermarsi sulle proprie posizioni, del perdere gli stimoli, dell’annullare ogni forma di confronto con gli altri. Credo nel coraggio di sapersi rinnovare e nella spontaneità dei sentimenti. Credo che per migliorare sé stessi prima di tutto bisogna provare ad essere sé stessi. Credo non ci sia più soddisfazione del sentirsi apprezzati per ciò che si è e per ciò che si è fatto, più grande emozione del sentirsi dire “ti voglio bene” da chi non te lo aspetti, piùimmenso calore di un abbraccio ricevuto.Credo che nella vita e nelle proprie attività non “ci possa tirare indietro” e siano necessarie responsabilità, etica, collaborazione, un po’ competenza e molta umiltà: credo che questa riflessione troppo spesso è disattesa nel mondo che ci circonda. Credo a chi mi parla guardandomi negli occhi. Credo nello sguardo ingenuo e sincero dei bambini. Credo che nella vita ci voglia cuore, un po’ di coraggio, tanta comprensione ed estrema sensibilità verso il prossimo, ma credo anche che gli altri non ne debbano troppo approfittare giocando con la nostra buona fede. Ogni tanto chi aiutiamo dovrebbe fare lo sforzo di capire i nostri problemi e le nostre necessità e venirci incontro: è questione di rispetto.Credo che nei momenti importanti e difficili della vita si veda davvero quanto valgano le persone e quanto sia profonda la loro sensibilità. Credo alle persone che in queste situazioni dimostrano umanità e non hanno paura di mettere a nudo i loro sentimenti. Credo non si possa essere del tutto liberi dai condizionamenti dell’ambiente in cui si vive o lavora, ma almeno bisogna tentare di superarli. Credo che qualche sana follia ogni tanto faccia bene allo spirito e all’umore. Credo che il mio modello ideale di vita sia abbastanza semplice e tradizionale, una famiglia normale, un lavoro che mi interessi e mi dia sicurezza, una casa, forse dei figli: credo che tentare di realizzarlo e sostenerlo sarà la sfida più grande dell’intera esistenza. E qui non si può correre il rischio di sbagliare. Credo alle mie origini, che per quanto semplici, hanno contribuito a farmi arrivare fino a qui con qualche idea in testa e con un po’ principi a farmi da guida. Credo di aver molti limiti e difetti da colmare, o e qualche rimpianto di troppo nell’armadio ma anche di avere qualche buona potenzialità e qualche idea nel cassetto che mi permetterà di andare avanti provando a realizzare i miei obiettivi. Credo che alla fine non sia tutto qui, ma che da qualche parte prima o poi sia si debba iniziare. Quello è il momento giusto per fare i conti con noi. Non c’è via di scampo. Solo allora potremo dirci consapevoli di noi stessi e credere, forse, in un futuro migliore.
Di DL4U (pubblicato @ 09:31:46 in Letture, linkato 1047 volte)
"I milanesi ammazzano il sabato" di Giorgio Scerbanenco, libro finito ieri. Un romanzo noir e poliziesco di veloce lettura, ben scritto e con una trama avvincente. E' la storia di un' indagine alla ricerca degli autori di un orrendo delitto compiuto ai danni di una ragazza, portatrice di un grave handicap mentale, lungo la strada che da Milano conduce a Lodi. E' la vicenda del dramma umano del padre della ragazza che non si arrende all'idea della morte atroce della figlia e delle ricerche di un ispettore di polizia della questura. Siamo verso la fine degli anni '60 (il romanzo è del 1969) e i fatti del libro si ambientano in una Milano ancora molto "meneghina", appena uscita dai ruggenti fasti di quel decenno e ormai pronta a tuffarsi nel controverso periodo delle bande criminali e del malaffare, delle pistole calibro nove, delle sparatorie per le strade e delle rapine alle banche col "salto del bancone". Da lì a poco Milano e l'Italia verrano travolte dai fatti dei cosidetti "anni di piombo". I milanesi di quest'epoca vivono ancora secondo ritmi tradizionali della grande città Lombarda, una routine metodica e rigorosa fatta di lavoro dalle nove alle cinque, dal lunedì al venerdì, di casa e famiglia. Nulla viene concesso allo svago... e se bisogna fare qualcosa di diverso, compreso ammazzare una persona, questo lo si fa al sabato o alla domenica: negli altri giorni c'è da lavorare. Da questo romanzo sono stati tratti gli spunti per diversi film sulla "mala milanese" ed è stato più volte oggetto di citazioni da parte di narratori contemponei (su tutti Carlo Lucarelli) per ricostruire quel periodo della nostra storia e di quella città. Vi consiglio la lettura di questo libro se volete far riaffiorare immagini e sapori di una Milano che ormai non c'è più.
Nella foto: il cortile della questura di Milano, in via Fatebenefratelli, uno dei luoghi principali del romanzo. Un cortile che diverrà protagonista della cronaca degli anni settanta con la vicenda della morte di Pinelli e del commissario Calabresi