Di seguito gli interventi pubblicati in questa sezione, in ordine cronologico.
La questione della riforma universitaria tiene banco su quotidiani e telegiornali. Il punto della questione è il disegno Gelmini e i conseguenti tagli allo studio e alla ricerca. Il decreto ha incassato già l'ok del Senato e ora è in stallo alla Camera in attesa del rimpallo a Tremonti. Intanto rettori, docenti, il mondo della ricerca e gli universitari sono in fermento: la Statale è occupata, cortei in Città Studi e al Poli, lezioni sospese. Perchè in questo paese è possibile trovare i soldi per armare e caricare di bombe i nostri aerei in Afghanistan, ma non è mai possibile trovare "due lire due" per l'università statale, il diritto allo studio e alla ricerca (QUELLA VERA, fatta di risultati e innovazione, NON LE FREGNACCE ... QUELLA VERA che da sempre, in Italia, è relegata nei sottoscala dei dipartimenti e finanziata con i bruscolini). Ripubblico, come l'ho ricevuta, la mail di Giulio Ballio, rettore del Politecnico di Milano ... Ministri Gelmini e Tremonti, STURATEVI LE ORECCHIE!
Da: Politecnico di Milano Data: 14 ottobre 2010 17.28.46 GMT+02.00A: alberto.visconti@dl4u.orgOggetto: Messaggio del Rettore del Politecnico di MilanoRispondi a: comunicazione@polimi.itCara Laureata, caro Laureato del Politecnico di Milano,come ben noto sono tempi difficili per le Università e per il nostro Ateneo. Mi fa piacere farti conoscere qui di seguito la lettera che ho scritto ai nostri allievi e informarti che collegandoti al sito del Politecnico www.polimi.it troverai un documento pdf (alla voce “allegato”) sulla situazione dell’Università.Cordiali salutiGiulio Ballio Cara Allieva, Caro Allievo,In questi ultimi due anni stiamo assistendo a una campagna denigratoria, sempre più intensa e aggressiva, nei riguardi dell’Università italiana e di tutti coloro che onestamente vi operano. E’ una campagna che rischia di demotivare profondamente tutti noi e soprattutto quei giovani che vi sono entrati da poco o che desiderano entrarvi.E’ una campagna che può indurre legittimi dubbi in Voi e nelle Vostre famiglie.Spesso le persone che incontro mi chiedono se è reale il quadro che viene rappresentato dai molti interventi riportati dai media, oppure se stiamo assistendo, forse senza rendercene conto, a un attacco teso a sfiduciare le università statali. Appare legittimo il dubbio che vi sia il desiderio di sostituire l’ università pubblica con un sistema privato, devastando le aspettative di più di un milione e mezzo di famiglie italiane. Noi, che siamo allo stesso tempo insegnanti e ricercatori, ci sentiamo profondamente offesi perché ci si vuole delegittimare proprio di fronte alla comunità che abbiamo scelto di servire col nostro lavoro e con i nostri sacrifici.Questi tentativi di delegittimazione fanno male a tutti noi che crediamo nell’università, che vi lavoriamo per formare e per traghettare Voi giovani dalla scuola secondaria al mondo del lavoro, per fare ricerca e servire il nostro Paese in cui ancora crediamo. Ci fanno perdere l’entusiasmo, ci spingono a fare il minimo richiesto, ci allontanano dalla voglia di operare in un servizio che abbiamo scelto e in cui ancora crediamo. Vogliamo reagire soltanto perché, altrimenti, faremmo il gioco di chi ci vuole distruggere privandoci di quella libertà che, sola, permette di fare ricerca e insegnare a Voi giovani.In questi giorni si parla di agitazioni dei ricercatori, di richiesta di sospensione delle lezioni, di volontà a non tenere insegnamenti, di rivendicazioni da parte di persone che possono sembrare fortunate perché hanno ancora un lavoro, ma alle quali si sta togliendo quella speranza che li aveva spinti a rinunciare ad attività più remunerative per iniziare quel lavoro che a noi, più vecchi, è sempre parso il più bel lavoro del mondo: fare ricerca e contemporaneamente insegnare ai più giovani. Le aspettative di carriera dei più giovani sono deluse. Da più di tre anni non sono banditi concorsi per passare da ricercatore a professore associato e da associato a professore ordinario e non si può ragionevolmente prevedere il numero di anni che dovranno ancora passare prima che questi concorsi vengano banditi. Per non invecchiare senza speranza molti giovani valenti stanno vincendo concorsi per posizioni di professore in università straniere e coloro che vanno via non sono sostituiti da colleghi stranieri che desiderino venire a lavorare in Italia.Ci viene impedito di fare ricerca con colleghi stranieri anche se riusciamo a farci finanziare da enti pubblici o privati perché un nuovo dispositivo legislativo prescrive di spendere in missioni di lavoro meno della metà di quanto speso nel 2009. Ci viene impedito di continuare a offrire una formazione finora apprezzata dal mondo del lavoro perché un recente decreto ministeriale impone una riduzione di insegnamenti e corsi di laurea, indipendentemente dal numero di allievi iscritti. Forse il nostro Ateneo sarà costretto a ridurre le immatricolazioni oppure a chiudere attività didattiche che fino ad oggi hanno soddisfatto le esigenze dei territori in cui il Politecnico è presente.Ci viene proposto un Disegno di Legge che, seppur necessario, presenta alcuni punti critici:- l’imposizione di forme di governo dell’Ateneo molto diverse da quelle da noi adottate nell’ultimo decennio che ci hanno permesso di crescere nella reputazione internazionale- l’obbligo di assumere docenti provenienti da altre Università in un paese che fa di tutto per contrastare la mobilità a causa della carenza di servizi erogati- pesanti incertezze sul destino dei giovani ricercatori che lavorano con noi per la mancanza di una programmazione nella progressione delle loro carriere- scarsa attrattività della carriera accademica per le nuove generazioni poste di fronte a una serie di contratti a tempo determinato che aumenta il loro senso di precarietà.L’approvazione di una legge che non tenga conto di queste criticità e di un programma pluriennale di finanziamento all’Università rischia di produrre una situazione anche peggiore dell’attuale.Come si fa a gestire un Ateneo o a fare una programmazione adeguata quando ancora oggi non si conosce l’ammontare del finanziamento statale del Politecnico relativo all’anno 2010?Questa lettera nasce proprio dal desiderio di condividere con Voi questi sentimenti, di chiedere la vostra comprensione, di cercare la vostra solidarietà. Tutti noi del Politecnico vogliamo continuare la missione che da quasi 150 anni ci è stata affidata, ma non possiamo essere lasciati soli in balia di chi sta usando una falciatrice per fare di tutta l’erba un fascio, incurante di tagliare in un solo passaggio l’erba secca, quella verde e i fiori già cresciuti. E’ proprio la capacità di distinguere il grano buono dalla gramigna che, insieme a Voi, indipendentemente da ogni fede politica, vorremmo chiedere a questo nostro Paese. Vogliamo che non sia distrutto quanto di buono abbiamo, chiediamo con forza che si investa anche su quanto c’è di buono per renderlo ancora migliore.Probabilmente molti di Voi si stanno ponendo un certo numero di interrogativi quali ad esempio: Cos’è l’autonomia dell’università? Le università sono tutte uguali? Chi sostiene economicamente le università? Perché i docenti fanno ricerca? Quali sono i doveri che la legge impone ai docenti universitari? Come si recluta un docente universitario? La ricerca italiana è così di basso livello come viene dipinta? E’ vero che le nostre università sono molto indietro nelle classifiche internazionali? I baroni esistono ancora? Il cosiddetto 3+2 è una iattura? Cosa vuol dire titolo legale?A queste e ad altre domande, che potrete propormi scrivendo a comunicazione@polimi.it, sarà data una risposta sul sito Polimi nelle prossime settimane.Cordiali salutiGiulio Ballio
Dopo il primo post di qualche giorno fa, riassumo sul blog le principali iniziative di raccolta fondi per il popolo di Haiti. Scegliete quella che preferite, quella che sentite più vicina a voi, ma fate qualcosa. Personalmente, dopo aver visto nei TG le drammatiche immagini dei bambini orfani e feriti, l'ho fatto ad UNICEF.
UNICEF - Italia
Donazioni on line con carta di credito sul sito di UNICEF
https://www.unicef.it/web/donazioni/index.php
Oltre a donare on line, puoi effettuare la tua offerta all'UNICEF anche in numerosi altri modi.Donazione presso i Comitati provinciali e regionali UNICEF In ogni provincia d'Italia c'è un Comitato o un Punto di Incontro UNICEF gestito da volontari registrati, che possono ricevere donazioni in denaro a nome dell'UNICEF e rilasciare regolare ricevuta, valida ai fini fiscali.
CROCE ROSSA ITALIANA
La Croce Rossa Italiana, ha attivato una serie di strumenti per raccogliere fondi in favore delle popolazioni colpite dal terremoto ad Haiti: sms 48540 per donare 2 euro da numero Wind e 3; numero verde tel.800.166.666; donazione online causale 'Pro emergenza Haiti' su www.cri.it; bonifico bancario causale 'Pro emergenza Haiti' IBAN IT66 - C010 0503 3820 0000 0218020. Raccolta attiva fino al 27/01.
SAVE THE CHILDREN ITALIA
Donazioni on line con carta di credito qui:
http://www.savethechildren.it/2003/donazioni/donazioni.asp?ERH=y
Causale "Terremoto Haiti"
L'iniziativa di AGIRE
L'Agenzia Italiana di Risposta alle Emergenze raccoglie alcune tra le maggiori ONG presenti in Italia. E' possibile effettuare una donazione di 2 euro inviando un sms al 48541 da cellulari Tim e Vodafone o chiamando lo stesso numero da rete fissa Telecom Italia.Inoltre si ricorda che la numerazione è attiva da oggi fino al 31 gennaio 2010. Altre modalità di donazione possibile: Donazioni con carta di credito al numero verde 800.132870. Versamento sul conto corrente postale n. 85593614, intestato ad AGIRE onlus, via Nizza 154, 00198 Roma, causale Emergenza Haiti. Bonifico bancario sul conto Bpm - IBAN IT47 U 05584 03208 000000005856, Causale: emergenza Haiti. Donazioni on line dal sito internet www.agire.it.
Milano, comune e curia aprono un conto corrente
L'arcivescovo di Milano, cardinale Dionigi Tettamanzi, e il sindaco di Milano Letizia Moratti, hanno unito le loro voci davanti alla tragedia del terremoto di Haiti per un appello comune per portare un aiuto a una delle popolazioni più povere del Pianeta ora colpite dal cataclisma. Sia il Comune sia la Curia hanno già versato 100mila euro, ciascuno: la diocesi nel conto corrente della Caritas Ambrosiana (IT16P0351201602000000000578), Palazzo Marino nel conto speciale Milano per Haiti, acceso presso Banca Intesa (IT94L0306901783100000000069).
Le Misericordie d'Italia hanno aperto una sottoscrizione
Sono pronti a partire per Haiti i Confratelli delle Misericordie d'Italia, la cui Confederazione nazionale ha aperto una sottoscrizione in favore delle popolazioni colpite. Le Misericordie Italiane hanno anche aperto una sottoscrizione in favore delle popolazioni colpite sul c/c 000005000036, MONTE DEI PASCHI DI SIENA SPA, Firenze Agenzia 6, IBAN: IT 03 Y 01030 02806 000005000036; oppure sul CONTO CORRENTE POSTALE N 000021468509, Firenze Agenzia 29, IBAN: IT 67 Q 07601 02800 000021468509, entrambi intestati a "Confederazione Nazionale" con causale "PRO HAITI".
Torino, Sermig raccoglie generi di prima necessità
Il Sermig di Torino raccoglie generi di prima necessità per portare un primo aiuto alla popolazione di Haiti. "Stiamo allestendo un container - precisa il Servizio Missionario Giovani che fa capo ad Ernesto Olivero - che partirà per Port-au-Prince nei prossimi giorni. In particolare raccogliamo prodotti alimentari a lunga conservazione, prodotti igienici e disinfettanti". Per aiuti in denaro è stato predisposto dal Sermig un conto corrente postale (numero 29509106) intestato a Sermig, piazza Borgo Dora 61, 10152 Torino. La causale è "Terremoto Haiti".
Medici senza Frontiere lancia raccolta fondi straordinaria
Medici Senza Frontiere (MSF) lancia una raccolta fondi straordinaria per potere continuare a soccorrere le vittime del devastante terremoto che ha colpito Haiti. Per contribuire all'azione di soccorso di Msf a Haiti si può donare attraverso la carta di credito telefonando al numero verde 800.99.66.55 oppure allo 06.44.86.92.25; bonifico bancario IBAN IT58D0501803200000000115000; conto corrente postale 87486007 intestato a Medici Senza Frontiere onlus causale Terremoto Haiti; sul sito www.medicisenzafrontiere.it.
La caritas all'opera
È possibile donare il proprio contributo tramite: - donazione diretta presso l'Ufficio Raccolta Fondi in via San Bernardino, 4 a Milano (orari: dal lunedì al giovedì dalle ore 9.30 alle ore 12.30 e dalle ore 14.30 alle ore 17.30 e il venerdì dalle ore 9.30 alle ore 12.30) - conto corrente postale n. 13576228 intestato a Caritas Ambrosiana ONLUS - conto corrente bancario presso l'ag. 1 di Milano del Credito Artigiano e intestato a Caritas Ambrosiana ONLUS IBAN: IT16 P 03512 01602 000000000578 - tramite carte di credito: donazione telefonica chiamando il numero 02.76.037.324 in orari di ufficio (vedi sopra) donazione diretta: collegandosi al sito www.caritas.it. Causale delle offerte (detraibili fiscalmente): “Emergenza terremoto Haiti 2010”
Roma,6 aprile 2009 (fonte: Adnkronos) - Gli operatori di telefonia mobile Tim, Vodafone, Wind e 3 Italia, d'intesa con il Dipartimento della Protezione Civile, hanno attivato la numerazione solidale 48580 per raccogliere fondi a favore della popolazione dell'Abruzzo gravemente colpita dal terremoto. Ogni Sms inviato contribuira' con 1 euro, che sara' interamente devoluto al Dipartimento della Protezione Civile per il soccorso e l'assistenza. Il sistema sara' operativo dalle ore 23 di stasera. Dalle ore 9 di domani, sara' possibile donare 2 euro attraverso chiamata da rete fissa di Telecom Italia, utilizzando lo stesso numero: 48580. Il Dipartimento della Protezione Civile fornira' tutte le indicazioni sull'utilizzo dei fondi raccolti.
Lunedi 6 aprile 2009, ore 3.32. Una scossa di terremoto tra l'8 e il 9° della scala Mercalli sconquassa l'Abruzzo e L'Acquila: oltre 150 morti, 70mila i senzatetto, distrutte decine di migliaia di case, infrastrutture, monumenti, edifici storici, ospedali, università. Si scava a mani nude sotto la grandine e pioggia. Riporto una nota di Daniele Biachessi, giornalista, scrittore e vicecaporedattore di Radio 24, come l'ha postata sulla sua bacheca in Facebook. Riflettiamo insieme ed esprimiamo solidarietà alle popolazioni colpite dal sisma.
Nella foto: L'Aquila dall'elicottero della Polizia di Stato
"Mentre si scava sotto le macerie e prosegue la triste contabilità dei morti e dei dispersi, dalle cronache del terremoto in Abruzzo emerge la sottovalutazione e la superficialità dei responsabili della Protezione Civile. La zona interessata dal sisma è la dorsale appenninca, la cui falda è soggetta da sempre a scosse telluriche di forte intensità. Giampaolo Giuliani, ricercatore ai laboratori del Gran Sasso dell'Istituto nazionale di fisica nucleare, aveva messo a punto un sistema in grado di prevedere i terremoti. Nei giorni scorsi lo strumento da lui creato aveva rilevato la presenza massiccia di precursori dei terremoti nella zona di Sulmona, attraverso i livelli di radon liberati dalla terra. Poi il sisma non era avvenuto e lui era stato denunciato per procurato allarme. Ma le sue previsioni non erano errate, ma soltanto anticipate.
Da settimane si avvertivano micro scosse telluriche e non è scattato alcun piano di emergenza.Perchè? Di chi sono le responsabilità?
Nella mia carriera di giornalista ho fatto i conti con diversi terremoti:Friuli(1976), Irpinia(1980) e Umbria (1998).Quello che va in scena in Abruzzo è un brutto film già visto. La scarsa prevensione, i piani di emrgenza mal funzionanti, le strutture della Protezione Civile che giungono in ritardo di ore (in Irpinia di giorni, arrivai prima io e altri colleghi a Buccino che i convogli dell'esercito). E ancora le promesse dei politici mai mantenute, la ricostruzione tardiva, i fiumi di denaro mai arrivati alla popolazione, perfino le tangenti e l'ombra inquietante della criminalità organizzata come dimostrato da tutti i tribunali con sentenze passate in giudicato. Resta la rabbia e il dolore, e la solidarietà che scatta ogni volta che accadono disgrazie di questo genere. E la brava gente italiana che si rimbocca le maniche, che ricostruisce, mentre il sonnecchioso pachiderma statale si inventa il business della ricostruzione."
Daniele Biacchessi
di Quino, autore di fumetti argentino - tavola del 2006
Come molti di voi sapranno sabato scorso - 13 dicembre 2008 - è stato compiuto il viaggio inaugurare della prima tratta di vera alta velocità ferroviaria italiana. Il treno superveloce, denominato "Freccia Rossa" è partito alle 16 dalla rinnovata stazione Centrale di Milano ed è arrivato alla stazione Centrale di Bologna in orario dopo soli 65 minuti. Grande pompa magna tra i parrucconi delle Ferrovie dello Stato e politici politicanti presenti sul convoglio, idem nei servizi sui TG. Peccato che nessuno abbia ricordato come l'Italia sia arrivata a questo risultato: anni di lavoro, costi al chilometro di realizzazione delle linee decuplicati rispetto agli standard europei, morti sul lavoro nei cantieri, e tempi di realizzazione allucinanti... e che il primo tratto di AV venga aperto al pubblico in Italia solo adesso da buoni ultimi come sempre dopo Francia, Germania, UK, Spagna che pur in qualche caso partendo dopo di noi sono arrivati ad avere una rete veloce ed operativa ben prima del belpaese. Vabbè ...direte... il solito sfogo per come girano le cose in Italia, ecc, ecc... Beh, non proprio ecco di seguito cosa pubblicano oggi i siti di informazione, se non c'è da rabbrividire, diciamo che che c'è abbastanza per inc@zzarsi. Lo dice uno che sui treni pendolari ha passato almeno 10 anni della vita di studente e lavoratore: forse sarebbe meglio che prima di portare i treni alle alte velocità le FS riuscissero al farli almeno partire ed arrivare senza ritardi o disservizi!
Primo giorno, s'inceppa il Freccia Rossa: "Fermi al freddo per quasi due ore"(da Quotidiano.net del 15/12/2008) Guasto alla motrice sulla tratta Roma-Napoli. Adiconsum: "Passeggeri lasciati senza riscaldamento e senza elettricità anche nel servizio bar" Alta velocità: il treno Freccia rossa in partenza da Milano (Foto Newspress) Milano, 15 dicembre 2008 - Disagi sul treno alta velocità Freccia Rossa e scattano le prime richieste di risarcimenti. “Gli avvocati del Centro giuridico Adiconsum - si legge in una nota dell’associazione dei consumatori - in viaggio per Napoli questa mattina ci hanno segnalato che il treno ad alta velocità su cui viaggiavano è rimasto fermo per circa un’ora e mezza in aperta campagna all’altezza di Gricignano, lasciando i malcapitati passeggeri senza riscaldamento e senza elettricità anche nel servizio bar”.
”La causa - prosegue il comunicato Adiconsum - è un guasto alla locomotrice. Si precisa che il treno era partito già singhiozzando da Roma Termini. L’arrivo a Napoli, previsto per le ore 8.36, è invece avvenuto alle ore 10.40. Adiconsum chiede a Fs un adeguato risarcimento per i viaggiatori e che quanto accaduto oggi sia soltanto un imprevisto.
L’associazione Codici sottolinea i guasti nel primo giorno di servizio e racconta: "Molti viaggiatori, in particolare professionisti con appuntamenti improrogabili, hanno chiesto al capo treno di scendere e di percorrere a piedi il tratto sul selciato per arrivare fino alla stazione e prendere altri mezzi per raggiungere Napoli. La richiesta è stata respinta e sono seguiti momenti di tensione, con il capo treno che ha chiesto l’intervento del 113”.
Problemi anche per un altro treno Freccia Rossa, secondo quanto riferiscono altri passeggeri su un convoglio AV in servizio sulla stessa linea da Roma a Napoli, è fermo all’ingresso della stazione di Gricignano d’Aversa per lavori di ripristino della linea.
”E’ inaccettabile che treni inaugurati ieri arrivino già in ritardo a causa di guasti tecnici, tanto più che il costo del biglietto è decisamente alto: un viaggio Milano-Roma costa 98 euro in prima classe, 71 in seconda”, dichiara il Segretario Nazionale di Codici Ivano Giacomelli. E aggiunge: “I viaggiatori che hanno subìto un disagio si possono rivolgere al Codici per ricevere un aiuto concreto nel chiedere a Trenitalia il rimborso del biglietto e il risarcimento del danno”.
Esattamente le stesse cose e gli stessi guasti che accadono ogni giorno sui treni pendolari, con la differenza che per i disgraziati che ci viaggiano e con quei mezzi cercando di andare a studiare o lavorare non c'è nemmono l'ombra di un eventuale rimborso.
Un "reduce" della linea Milano-Domodossola
Accadde oggi. Milano, ore 16.37 del 12 dicembre del 1969, la grande città è gia avvolta dal buio invernale appena un poco illuminato dalle prime luminarie del Natale che verrà. D'improvviso quella placida tranquillità di una sera come tante viene squarciata da un orrendo boato: in pieno centro, in Piazza Fontana, alla filiale della Banca Nazionale dell’Agricoltura esplode una bomba, muoiono 17 persone e altre 88 restano ferite, alcune anche in modo grave. Da quell'istante, Milano e l'Italia intera non furono più le stesse. Sono arrivati in un istante gli anni di piombo. Nello stesso giorno una seconda bomba viene ritrovata alla Banca Commerciale Italiana sempre a Milano, inesplosa. A Roma alle 16.55, dopo pochi minuti esplode una bomba nel sottopassaggio tra via Veneto e via San Basilio vicino alla Banca Nazionale del Lavoro, i feriti sono 13. Alle 17.20 e alle 17.30 sempre nella capitale esplodono altri due ordigni, il primo davanti all’Altare della Patria, il secondo a Piazza Venezia, altri quattro feriti si sommano ad una giornata di vera e propria battaglia eversiva. In poco meno di un’ora lo Stato viene ferito per ben cinque volte. Gli autori di quella strage e di quel progetto eversivo non si riuscirono mai a trovare. Il primo ad essere arrestato nello stesso giorno dell’esplosione è Giorgio Pinelli, anarchico milanese che dopo tre giorni di Questura cade dal quarto piano degli uffici e muore. Il 16 dicembre viene arrestato Pietro Valpreda, ma anche stavolta nulla di concreto. Sette processi serviranno solo ad assolvere i vari accusati, mentre taluni esponenti dei Servizi Segreti (individuati poi da Aldo Moro durante le sue deposizioni dalla prigione alle Brigate Rosse, come i veri colpevoli della strage) saranno condannati per vari depistaggi. Piazza Fontana è stata definita "la madre di tutte le stragi", da quel momento il paese si svegliò dal torpore degli anni '60 per piombare nel periodo delle lotte poliche, delle violenze, della guerriglia combattuta nelle strade, del terrorismo. Nel 2009 ricorreranno i 40 anni di uno dei tanti “segreti eterni” italiani, di uno dei troppi muri di gomma di questo paese.
Brescia, 28 maggio 1974 - 25 novembre 2008. Trentaquattro anni, tre inchieste, dieci pronunciamenti, otto morti e 108 feriti, nessun colpevole. Questi sono i numeri di uno dei tanti misteri italiani, di una di quelle storie nere e apparentemente senza fine che caratterizzano la storia recente del nostro paese. Questi sono i numeri della strage causata da una bomba nascosta in un cestino porta rifiuti ed esplosa in Piazza della Loggia, a Brescia, durante una manifestazione sindacale. Un delitto sporco e infame come tutte quelle stragi che, in quel periodo, colpirono innocenti e persone inermi e normali in nome di ideali politici distorti (qualunque questi fossero, senza fare distintizioni tra destra o sinistra). Per Piazza della Loggia da anni si è certi della matrice nera e delle responsabilità attribuibili al gruppo veneto eversivo di Ordine Nuovo; con tutta probabilità sono certi pure i nomi di chi materialmente ha compiuto quell'orrendo eccidio: ma sino ad oggi tutti gli imputati sono sempre stati assolti e agli occhi e al cuore delle famiglie delle vittime e dell'Italia intera quel delitto risulta ancora tragicamente impunito. Una delle tante, troppe, ferite ancora aperte del periodo buio dello stragismo politico ed eversivo degli anni di piombo. Oggi, martedì 25 novembre, la riapertura del processo dopo una terza lunga inchiesta: chiamati alla sbarra con l'accusa di concorso in strage i componenti di Ordine Nuovo Carlo Maria Maggi e Delfo Zorzi (residente in Giappone ormai da molti anni), Pino Rauti, l'ex generale dei carabinieri Francesco Delfino che coordinò le indagini della prima inchiesta, Maurizio Tramonte, uomo legato ai servizi segreti, e Giovanni Maifredi, operaio bresciano negli anni '70 e confidente dei carabinieri. Nessuno degli imputati si è presentato in aula. Tra le parti civili, oltre alle associazioni delle vittime, anche i sindacati confederali Cgil Cisl e Uil, che il 28 maggio 1974 in piazza avevano organizzato in Piazza della Loggia una manifestazione antifascista, e le amministrazioni comunale e provinciale. Respinte tutte le eccezioni, il processo è iniziato. Chissà se mai avrà una fine e ci sarà finalmente giustizia per quegli innocenti.
Una foto scattata dopo lo scoppio, a Brescia quel 28 maggio. Tra le persone ritratte forse un sospettato (Maurizio Tramonte)
Oggi nel mondo oltre 37 milioni di bambini non possono andare a scuola a causa della guerra. Sono minori che affrontano un futuro senza speranze. Perché la guerra distrugge le scuole, uccide gli insegnanti, produce popolazioni di sfollati ed eserciti di bambini soldato.
L’istruzione può dare ai bambini protezione, stabilità e le premesse per creare una società più pacifica e prospera. L’educazione può aiutare i bambini a sopravvivere ai conflitti, li può salvare e dar loro un ruolo nella società. Riscriviamo il Futuro è la campagna internazionale di Save the Children che ha lo scopo di garantire entro il 2010 educazione di qualità a 8 milioni di bambini che vivono in guerra o post-conflitto. Fino ad oggi, grazie a Riscriviamo il Futuro, Save the Children è riuscita ad assicurare istruzione a quasi 6 milioni di bambini. Ogni bambino ha diritto all’istruzione. Per un bambino di un paese in guerra, andare a scuola significa molto più che imparare a leggere e a scrivere. Significa la certezza di mangiare almeno una volta al giorno. Significa un posto sicuro dove passare parte della giornata, lontani dai pericoli e spesso dalla guerra. Significa imparare a proteggersi da infezioni e malattie. Significa avere la possibilità di un futuro di pace e più dignitoso. Contribuire alla campagna "Riscriviamo il Futuro" è semplice: basta un sms del valore di 2 euro al numero 48545.
Vi siete mai chiesti dove vanno a finire le tonnellate di materiale elettrico o elettronico che ogni anno vengono dismesse o semplicemente buttate? Milioni di telefonini obsoleti, pc ormai datati e ogni forma di elettronica di consumo che semplicemente viene accantonata per lasciar spazio ad un nuovo e fiammante gingillo tecnologico? Spesso si tratta di materiale rotto o malfunzionante, altrettanto spesso si tratta di oggetti ancora perfettamente funzionanti ma semplicemente obsoleti, vecchi (almeno secondo quanto le multinazionali, il mercato e le mode ci lasciano intendere). I più attenti di noi non gettano questi oggetti nella pattumiera, ma cercano un modo per dar loro nuova vita. Una delle soluzioni più frequenti è quella di inviarli, attraverso organizzazioni no profit o di beneficenza, nei paesi del terzo mondo dove si pensa possano essere riutilizzati in scuole o enti bisognose. Tutto questo è molto onorevole, ed inoltre dovrebbe preservare la natura dall'inquinamento proveniente dallo smaltimento poco attento dei materiali pericolosi contenuti negli oggetti elettronici (i metalli quali nickel o piombo contenuti nelle batterie, l'arsenio dei tubi catodici, le plastiche non biodegradabili e centinania di altre sostanze cancerogene): ma siamo davvero sicuri che tutte queste nostre buone intenzioni vengano alla fine rispettate? La cosiddetta industria dell´e-waste (spazzatura elettronica) viene alimentata soprattutto dagli States e dall'Europa, i cui consumatori , credondo di aiutare il pianeta spesso contribuiscono, ignari, al business del commercio dei rifiuti tecnologici, importati e smaltiti in modo irregolare negli angoli più poveri o meno controllati del mondo. Le principali organizzazioni ambientaliste e non governative (su tutte GreenPeace) denunciano questo allarmante fenomeno da più parti: si stima che una percentuale che va dal 50 all´80 per cento delle 300-400 mila tonnellate di rifiuti elettronici prodotti finisca in Paesi privi di normative adeguate a questo proposito, alimentando un business pericoloso e immorale. (fonte ONU). Su tutti Cina, Ghana, Nigeria, India. A Guiyu, provincia cinese di Quandong, l´industria della spazzatura elettronica impiega circa 150 mila persone, che lavorano in condizioni sanitarie e ambientali disastrose per recuperare i materiali più pregiati dalle apparecchiature elettroniche (vedi rame o altri metalli pregiati contenuti nelle circuiterie). Ma non solo in Cina finisce la nostra "monnezza": anziché impegnarsi nel riciclo e nello smaltimento, le nazioni industrializzate scaricano, con una certa prevalenza, sul Terzo Mondo la responsabilità dello smaltimento. Computer, telefonini e televisioni finiscono in discariche a cielo aperto dove, per recuperare materiale utile al sostentamento, vengono bruciati, liberando sostanze molto tossiche per l´ambiente. Oltre alla Cina, il porto nigeriano di Lagos è uno dei più colpiti. Ma anche molte località indiane e africane (su tutte la Nigeria e Ghana). In Ghana l'indagine di Greenpeace ha messo in evidenza una rete di cimiteri clandestini. Le navi ufficialmente cariche di "beni elettronici di seconda mano" arrivano nel più grande porto del paese, a Tema, e da lì prendono la strada del centro di smaltimento di Agbogbloshie, ad Accra, la capitale. Oppure si sperdono nel marasma dei piccoli cimiteri sparsi un po' ovunque. Greenpeace ha fornito i dati relativi a quello di Korforidua, ma è un esempio tra tanti. E dire che per evitare questo scempio basterebbe un po' più di attenzione da parte delle multinazionali produttori di beni elettronici: un uso oculato dei materiali, introduzione di sostanze riciclabili o basso impatto ambientale, attuazione di serie campagne di riciclo e rottamazione dei prodotti vecchi che dovrebbero essere ritirati a fronte dell'acquisto di un bene nuovo e quindi, dopo una adeguata trasformaziine, reintrodotti nel ciclo produttivo. Se siete interessati all'argomento vi consiglio di leggere questa pagina del sito di GreenPeace ( http://www.greenpeace.org/international/press/reports/green-guide-to-electronics-se) e il relativo rapporto d'indagine, che seppur del 2006,vi dà il polso della scarsa attenzione dei colossi dell'elettronica nei confronti del problema. Su tutti spicca il nome di Apple, che nonostante l'immagine giovane ed alternativa pare proprio fare orecchie da mercante al discorso dello smaltimento e riciclo dei suoi prodotti.
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Musica...
Vasco Rossi - Dillo alla luna (1990)
Ben E. King - Stand by me (1961)
Queen - Bohemian Rhapsody (1975)
U2 - Pride (In the name of love) (1984)
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11/11/2024 @ 09:05:20
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