Ehilà Beppe!!
I lettori poco ferrati in materia “lupestre” si chiederanno la ragione dei titolo, i frequentatori abituali o occasionali delle vicende della Fattoria MacKenzie avranno sicuramente riconosciuto il tipico saluto rivolto da Enrico La Talpa al protagonista di questo post: Lupo Alberto. Riprendiamo il discorso dei “fumetti alternativi” soffermandoci questa volta sulla più famosa ed importante creazione di Guido “Silver” Silvestri. Il lupastro blu mio omonimo nasce nel febbraio 1974 e fa il suo debutto in società sulle pagine del “Corriere dei Ragazzi” in formato di strisce periodiche; dieci anni dopo apparizioni nascono i primi albi mensili dedicati al personaggio e in formati più o meno simili sono tutt’ora pubblicati e presenti nelle edicole.
Dopo questa breve introduzione addentriamoci nel microcosmo di Lupo Alberto e dei personaggi delle sue storie. Sfigato, anarchico, pigro, perennemente disoccupato e affamato il nostro Lupo vive nel bosco sulla collina che sovrasta la Fattoria MacKenzie in un piccolo angolo tra gli alberi arredato di con materiale di fortuna (uno scalcinato comò, una bagnarola per le esigenze personali …) e collegato al resto del mondo con un preistorico telefono “old style” attaccato ad un tronco. Laggiù. a valle del bosco, c’è invece tutto il mondo dove si svolgono le avventure del nostro protagonista ovvero i fienili e le casette che costituiscono la fattoria (che potremmo definire citando Orwell “degli animali”) McKenzie.
C’è Mosè, cane da guardia grande, grosso e bonario finchè qualcuno (Alberto) non gli fa girare i “santissimi”. C’è Marta la gallina svampita e casalinga fidanzata di Alberto, da sempre alla ricerca del metodo per incastrare il suo sfuggente lupastro nella rete del matrimonio.
Accanto a questo terzetto di base ruotano via via personaggi, dapprima di contorno e poi col passare degli anni e delle strisce sempre più definiti: Alcide il maiale, il più colto e sensibile della fattoria, il papero Glicerina (tonto ma simpatico nipote di uno “papero come lui” che lavora nei cartoni animati in America). Alfredo il tacchino eclettico che sparisce sempre dalla fattoria durante le feste di Natale, quando teme di partecipare al cenone in veste di portata. Alice, la gallina chiatta e inquartata migliore amica di Marta, sempre alla prese con problemi d'amore e di linea. Alice è una femminista della prima ora, sempre critica verso gli uomini... forse perché non riesce ad averne uno per sé e forse perché riesce ad imbastire improbabili fidanzamenti “lampo” con personaggio diametralmente opposti a lei. Alice ha la particolarità di andare in "fregola sessuale" ogni primavera e per questo insidia oscenamente tutti i maschi (Odoardo, Mosè, Alberto, Enrico, Il Dottore, etc.) che le capitano a tiro senza mai riuscire a "concludere". Ludovico il cavallo, sogna di vincere il derby di trotto. Krug il toro, irascibile e violento, non parla grugnisce. È l'unico che, data la sua stazza, non riceve punizioni o rimproveri da parte di Mosè, che lo teme. Omar il gallo, paradossalmente attanagliato da terribili sensi di colpa perché col suo "chicchiricchi" mattutino, sveglia gli abitanti della fattoria (vita dura quella del gallo…) .
Un paragrafo a parte invece è da dedicare ad Enrico La Talpa, nato come personaggio di contono e via via devenuto comprimario di moltissime strisce e gag con Lupo Alberto. Enrico è l’esatto opposto di Alberto: un individuo meschino, avido, pervertito, che gira attorno alla giovane passera Silvietta, una passera scopaiola ignorando la moglie Cesira (definibile come una tipica pettegola e popolana “desperate housewife” all’italiana).
Enrico, talpa di nome e di fatto, data la vista precaria fin dalle primissime strisce ha scambiato Alberto per il suo amico Beppe (memorabile il saluto “Ehilà Beppe !!” rivolto costantemente e ostinatamente ad Alberto), è sempre pieno di idee per raggirare gli ingenui abitanti della fattoria per spillare qualche guadagno, soprattutto in veste di "astrologo-cartomante". La figura di Enrico ha assunto negli anni una dimensione indepiendente, riuscendo così a dare vita a storie da protagonista; Enrico in coppia con moglie Cesira inscena spesso quadretti casalinghi sulla falsariga di Casa Vianello.
Enrico è la rappresentazione dell'uomo medio di mezza età: impiegato, prossimo alla pensione ma ancora con ridicole velleità da "giovanotto": la voglia della "scappatella", gli amici al biliardo, l'odio (ricambiato) per la suocera, le frustrazioni dell'ufficio, il desiderio di una carriera ormai impossibile.
Enrico spesso travolge il malcapitato Alberto in assurde macchinazioni che si concludono quasi immancabilmente in disastri. Spesso riversa su Alberto le proprie frustrazioni, agevolandolo o addirittura convincendolo a fare delle cose che lui non può più fare, a causa dell'età o della moglie.
Ed infine Silvietta, La Passera Scopaiola (ogni doppio senso è ovviamente voluto dal buon Silver). Rappresenta una adolescente studiosa modello, vittima delle avances sentimental-sessuali di quel “maiale” di Enrico, che viene puntualmente stroncato con salaci commenti.
Le strisce di Lupo Alberto non sono solo materiale per giovani: nelle storie e negli atteggiamenti dei personaggi ricorrono frequentemente tematiche sociale e spesso è riscontrabile una satira politica evidente. Emblematica è la contrapposizione tra Alberto ed Enrico. Il primo rappresenta il classico giovane idealista, un po' anarchico e ribelle, mentre il secondo è lo stereotipo del politico che promette grandi cose, avido di potere e denaro, decisamente contro ogni tendenza giovanile.
Precario e disoccupato, ingenuo e sognatore, disilluso e incapace di impegnarsi per la vita, Alberto è la perfetta rappresentazione un ragazzo trent’enne di oggi e nelle sue storie facilmente i suoi coetanei (come il sottoscritto…) si ritrovano e si riscoprono.
Enrico la Talpa viceversa è una macchietta dell’omuncolo di mezza età: impiegato scazzato, represso nelle voglie; rozzo e profittatore che non si fa troppi scrupoli nel prendersi gioco del prossimo.
Non ritengo del tutto fuori luogo l’interpretazione recente secondo la quale Enrico la Talpa viene rappresentato con atteggiamenti, modi di dire, e addirittura sembianze fisiche tipici di Silvio Berlusconi.
In una delle sue tante vicende, Enrico fonda un movimento, volto a raddrizzare i decadenti costumi della società italiana degli anni '70. Il nome del movimento e': "Bravi Ragazzi", BR. Il simbolo scelto ad identificare il movimento dei "BR" è una stella rossa a 5 punte. Enrico e Alberto si recano in città a presentare il loro movimento ma vengono accolti da gente terrorizzata che scappando, gli lancia portafogli ed altri oggetti di valore pur di avere salva la vita. Evidentissimo il riferimento alle "vere" BR, cioè le Brigate Rosse.
Guido "Silver" Silvestri
Lupo Alberto di Silver (caso emblematico di identificazione di un disegnatore nel proprio personaggio) è per questi motivi e per tanti altri il caso di un fumetto tipicamente “italiano” : ovvero un racconto dei vizi e delle virtù tipiche del nostro paese. Nonostante non venga mai dato un contesto geografico alla contea dove sono ambientate le storie del Lupo, è evidente che il piccolo mondo della Fattoria non è nient’altro che lo specchio della nostra società e dell’Italia in generale.
La fattoria dei Mackenzie è una fattoria di animali in cui l'uomo non si vede mai come nei Peanuts non si vedono mai gli adulti. A differenza dei bambini di Charles Schultz, in questo caso sono animali di Silver che si sobbarcano la responsabilità di rappresentarci, di mettere a nudo pregi e meschinità umane.
Le avventure del Lupo Alberto contengono un po’ di tutto come nella vita reale: sentimenti, politica, critica sociale e di costume, problemi sociali e personali, diritti civili. Il tutto trattato con uno stile irresistibilmente comico, satirico e irriverente.
Così ,di storia in storia, Lupo Alberto è cresciuto acquisendo autorevolezza (come non ricordare il suo faccione in mille campagne sociali di lotta all’AIDS) e unanime simpatia tra i ragazzi della sua età e tra le generazioni più giovani: per i primi il “lupastro” non è altro che un coetaneo in cui rispecchiarsi, per gli altri il tipico fratello maggiore “già scafato” che insegna attraverso le sue esperienze di vita.
mafalda: potere ai piccoli...
Un'immagine ricorrente: Mafalda che scruta e parla col mappamondo,
una metafora della critica verso la socita' contenuta nei fumetti di Quino.
Sono passati quasi quarant’ anni dal 1969, anno in cui venne pubblicato per la prima volta in Italia un volume dedicato a Mafalda, la bambina contestataria nata dalla matita di Quino (al secolo Joaquin Salvador Lavado ) geniale disegnatore di fumetti argentino.
Negli anni dei Beatles, del conflitto in Vietnam, della guerra fredda tra gli opposti schieramenti, della contestazione giovanile e culturale, Mafalda riflette e si arrabbia contro le storture del mondo e pone imbarazzanti domande ai genitori. Mafalda è una bambina che pensa e dice quello che pensa, che rivolge quesiti a cui gli adulti che la circondano sistematicamente non danno una risposta, che vive in una famiglia medio borghese intrecciando continuamente il microcosmo costituito da casa, scuola e parco giochi con gli scenari e le notizie internazionali. Attraverso gli occhi disincantati di Mafalda, Quino sottolinea gli errori e le irrazionalità che ormai non riusciamo (o non vogliamo) più a vedere coi i nostri occhi di adulti cresciuti distratti dalle mille difficoltà della vita o omologati nella grigia e meccanica quotidianeita ’ di ogni giorno.
Mafalda rivolge domande a tutti: i suoi genitori sono i più frequenti bersagli, ma il più parte delle volte non riceve risposte, alle sue questioni che spesso sono di tale importanza e complessità da risultare imbarazzanti sulla bocca -e nella mente- di una bambina. Rifugge con forza il qualunquismo culturale, la marmellata di idee della società moderna, e le arroganze dei sistemi economico-politici, si scaglia con forza contro le sterili opposizioni e sconvolge la relazione tra bambino e adulto contestando il rapporto univoco, i “ grandi “ detengono il potere e possiedono le verità, mentre i piccoli sono come dei contenitori assolutamente passivi da riempire. Mafalda, sfuriata dopo sfuriata, rivendica i sacrosanti diritti di ogni bambino di avere una propria visione della vita e del mondo, di avere una propria coscienza, di ricevere informazioni e spiegazioni ragionevoli ai propri dubbi esistenziali.
“La bambina contestataria”, come venne definita a Umberto Eco nella prefazione di quel libro, mette a nudo le debolezze e le incapacita’ degli adulti sino ridicolizzarli; ma la critica non è mai fine a se’ stessa: il messaggio che passa è quello per cui i grandi sono coloro che pretendono obbedienza ed esercitano varie forme di autorità, ma che nel medesimo tempo vengono sottomessi dalla societa’ ad un giogo che detta regole, doveri e necessità. I grandi non sono da colpevolizzare, ma da comprendere: spesso si sentono inadeguati, vinti e vivono contraddizioni interiori più radicali proprio perche’ irrimediabilmente adulti e per questo motivo hanno bisogno di affetto, di protezione, sono vulnerabili e fragili.
La polemica di Mafalda è sempre costruttiva e finalizzata orientata a mostrare che il conformismo, l’appiattimento culturale non è (e non deve essere) l’unica via possibile: Mafalda possiede, come tutti i bambini e come ogni persona, un altro punto di vista, un altro modo di conoscere e percepire che vuole essere ascoltato e non represso. Un insegnamento drammaticamente utile per tutti noi che troppo spesso ci lasciamo travolgere senza reagire dalla vita di ogni giorno, che contestiamo in modo sterile senza proporre, che attendiamo il divenire dei fatti o dei giorni senza partecipare arroccati come siamo alle nostre piccole e fatue certezze cercando così di celare agli altri, e soprattutto a se stessi, le nostre insicurezze e debolezze.
Questo sarà il primo di alcuni post dedicati a personaggi dei fumetti “alternativi”.
Ringrazio chi tanto tempo fa mi fece scoprire la raccolta “ Dieci anni con Mafalda ” edita da Bompiani (1975) e che ancora oggi conservo gelosamente nella mia libreria…