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Riforma universitaria: la lettera del Rettore del Politecnico
Di DL4U (del 14/10/2010 @ 20:08:45, in Impegno sociale, linkato 1133 volte)
La questione della riforma universitaria tiene banco su quotidiani e telegiornali. Il punto della questione è il disegno Gelmini e i conseguenti tagli allo studio e alla ricerca. Il decreto ha incassato già l'ok del Senato e ora è in stallo alla Camera in attesa del rimpallo a Tremonti. Intanto rettori, docenti, il mondo della ricerca e gli universitari sono in fermento: la Statale è occupata, cortei in Città Studi e al Poli, lezioni sospese. Perchè in questo paese è possibile trovare i soldi per armare e caricare di bombe i nostri aerei in Afghanistan, ma non è mai possibile trovare "due lire due" per l'università statale, il diritto allo studio e alla ricerca (QUELLA VERA, fatta di risultati e innovazione, NON LE FREGNACCE  ... QUELLA VERA che da sempre, in Italia, è relegata nei sottoscala dei dipartimenti e finanziata con i  bruscolini). Ripubblico, come l'ho ricevuta, la mail di Giulio Ballio, rettore del Politecnico di Milano ... Ministri Gelmini e Tremonti, STURATEVI LE ORECCHIE!

Da: Politecnico di Milano
Data: 14 ottobre 2010 17.28.46 GMT+02.00
A: alberto.visconti@dl4u.org
Oggetto: Messaggio del Rettore del Politecnico di Milano
Rispondi a: comunicazione@polimi.it

Cara Laureata, caro Laureato del Politecnico di Milano,

come ben noto sono tempi difficili per le Università e per il nostro Ateneo. Mi fa piacere farti conoscere qui di seguito la lettera che ho scritto ai nostri allievi e informarti che collegandoti al sito del Politecnico www.polimi.it troverai un documento pdf (alla voce “allegato”) sulla situazione dell’Università.

Cordiali saluti

Giulio Ballio

 
Cara Allieva, Caro Allievo,
In questi ultimi due anni stiamo assistendo a una campagna denigratoria, sempre più intensa e aggressiva, nei riguardi dell’Università italiana e di tutti coloro che onestamente vi operano.
E’ una campagna che rischia di demotivare profondamente tutti noi e soprattutto quei giovani che vi sono entrati da poco o che desiderano entrarvi.
E’ una campagna che può indurre legittimi dubbi in Voi e nelle Vostre famiglie.
Spesso le persone che incontro mi chiedono se è reale il quadro che viene rappresentato dai molti interventi riportati dai media, oppure se stiamo assistendo, forse senza rendercene conto, a un attacco teso a sfiduciare le università statali.
Appare legittimo il dubbio che vi sia il desiderio di sostituire l’ università pubblica con un sistema privato, devastando le aspettative di più di un milione e mezzo di famiglie italiane.
Noi, che  siamo allo stesso tempo insegnanti e ricercatori, ci sentiamo profondamente offesi perché ci si vuole delegittimare proprio di fronte alla comunità che abbiamo scelto di servire col nostro lavoro e con i nostri sacrifici.
Questi tentativi di delegittimazione fanno male a tutti noi che crediamo nell’università, che vi lavoriamo per formare e per traghettare Voi giovani dalla scuola secondaria al mondo del lavoro, per fare ricerca e servire il nostro Paese in cui ancora crediamo.  Ci fanno perdere l’entusiasmo, ci spingono a fare il minimo richiesto, ci allontanano dalla voglia di operare in un servizio che abbiamo scelto e in cui ancora crediamo. Vogliamo reagire soltanto perché, altrimenti, faremmo il gioco di chi ci vuole distruggere privandoci di quella libertà che, sola, permette di fare ricerca e insegnare a Voi giovani.
In questi giorni si parla di agitazioni dei ricercatori, di richiesta di sospensione delle lezioni, di volontà a non tenere insegnamenti,  di rivendicazioni  da parte di persone che possono sembrare fortunate perché hanno ancora un lavoro, ma alle quali  si sta togliendo quella speranza che li aveva spinti a rinunciare ad attività più remunerative per iniziare quel lavoro che a noi, più vecchi, è sempre parso il  più bel lavoro del mondo: fare ricerca e contemporaneamente insegnare ai più giovani.
Le aspettative di carriera dei più giovani sono deluse. Da più di tre anni non sono banditi concorsi per passare da ricercatore a professore associato e da associato a professore ordinario e non si può ragionevolmente prevedere il numero di anni che dovranno ancora passare prima che questi concorsi vengano banditi. Per non invecchiare senza speranza molti giovani valenti stanno vincendo concorsi per  posizioni di professore in università straniere e  coloro che vanno via non sono sostituiti da  colleghi stranieri che desiderino venire a lavorare in Italia.
Ci viene impedito di fare ricerca con colleghi stranieri anche se riusciamo a farci finanziare da enti pubblici o privati perché un nuovo dispositivo legislativo prescrive di spendere in missioni di lavoro meno della metà di quanto speso nel 2009.
Ci viene impedito di  continuare a offrire una formazione finora apprezzata dal mondo del lavoro perché un recente decreto ministeriale impone una riduzione di insegnamenti e corsi di laurea, indipendentemente dal numero di allievi iscritti. Forse il nostro Ateneo sarà costretto a ridurre le immatricolazioni oppure a chiudere attività didattiche che fino ad oggi hanno soddisfatto le esigenze dei territori in cui il Politecnico è presente.
Ci viene proposto un Disegno di Legge che, seppur necessario, presenta alcuni punti critici:

-  l’imposizione di forme di governo dell’Ateneo molto diverse da quelle da noi  adottate nell’ultimo decennio che ci hanno permesso di crescere nella reputazione internazionale

-  l’obbligo di assumere docenti provenienti da altre Università in un paese che fa di tutto per contrastare la mobilità a causa della carenza di servizi erogati

-  pesanti incertezze sul destino dei giovani ricercatori che lavorano con noi per la mancanza di una programmazione nella progressione delle loro carriere

-  scarsa attrattività della carriera accademica per le nuove generazioni poste di fronte a una serie di contratti a tempo determinato che aumenta il loro senso di precarietà.

L’approvazione di una legge che non tenga conto di queste criticità e di un programma pluriennale di finanziamento all’Università rischia di produrre una situazione anche peggiore dell’attuale.
Come si fa a gestire un Ateneo o a fare una programmazione adeguata quando ancora oggi non si conosce  l’ammontare del finanziamento statale del Politecnico relativo all’anno 2010?
Questa lettera nasce proprio dal desiderio di condividere con Voi questi sentimenti,  di chiedere la vostra comprensione, di cercare la vostra solidarietà.
Tutti noi del Politecnico vogliamo continuare la missione che da quasi 150 anni ci è stata affidata,  ma non possiamo  essere lasciati soli in balia di chi sta usando una falciatrice per fare di tutta l’erba un fascio, incurante di tagliare in un solo passaggio l’erba secca, quella verde e i fiori già cresciuti.
E’ proprio la capacità di distinguere il grano buono dalla gramigna che, insieme a Voi, indipendentemente da ogni fede politica,  vorremmo chiedere a questo nostro Paese. Vogliamo che non sia distrutto quanto di buono abbiamo, chiediamo con forza che si investa anche su quanto c’è di buono per renderlo ancora migliore.
Probabilmente molti di Voi si stanno ponendo un certo numero di interrogativi quali ad esempio: Cos’è l’autonomia dell’università? Le università sono tutte uguali? Chi sostiene economicamente le università? Perché i docenti fanno ricerca? Quali sono i doveri che la legge impone ai docenti universitari? Come si recluta un docente universitario? La ricerca italiana è così di basso livello come viene dipinta? E’ vero che le nostre università sono molto indietro nelle classifiche internazionali? I baroni esistono ancora? Il cosiddetto 3+2 è una iattura? Cosa vuol dire titolo legale?
A queste e ad altre domande, che potrete propormi scrivendo a comunicazione@polimi.it, sarà data una risposta sul sito Polimi nelle prossime settimane.
Cordiali saluti
Giulio Ballio