Il jet di servizio partito dall'aeroporto di Roma-Ciampino atterra a Palermo-Punta Raisi intorno alle 16:45 dopo un viaggio tranquillo di circa 50 minuti. Allo sbarco, sotto la scaletta, aspettano le tre autovetture della scorta della squadra mobile della Polizia di Stato, pronte ad una partenza veloce.
Giovanni Falcone si sistema al posto di guida della Fiat Croma bianca, accanto a lui la moglie Francesca Morvillo. Sulle una delle altre due vetture di scorta ci sono Vito Schifani alla guida, l'agente scelto Antonio Montinaro e l’agente Rocco Di Cillo; sulla terza vettura prendono posto Paolo Capuzzo, Gaspare Cervello e Angelo Corbo. Le auto escono dai cancelli dell’aeroporto in sequenza: prima la Croma marrone di Schifani, poi la Croma bianca guidata da Falcone, e in coda la Croma azzurra di Capuzzo.
Le auto imboccano l'autostrada in direzione Palermo. E’ sera, la situazione è tranquilla, non c’è traffico e le auto procedono a velocità moderata senza l’uso delle sirene. Da una strada parallela, una macchina si affianca e controlla gli spostamenti delle tre Croma blindate, e ne dà segnalazione via radio ad una persona posizionata strategicamente sulle colline prospicienti il litorale; ancora pochi minuti, poi la Sicilia e l’Italia intera non saranno più le stesse.
Ore 17:58, il corteo di auto raggiunge il quinto chilometro della A29. Siamo nei pressi dello svincolo di Capaci-Isola delle Femmine. D’improvviso quella apparente tranquillità è rotta da un boato; l’asfalto si spacca e e si solleva con violenza alzando in cielo una colonna immensa di detriti e rottami metallici. La deflagrazione scaraventa gli occupanti delle le tre auto in un vortice di terra da cui verranno prima uccisi e poi letteralmente sepolti. Una carica di cinque quintali di tritolo, posizionata in un tunnel scavato sotto la sede autostradale, è stata appena azionata con un telecomando da Giovanni Brusca, il sicario incaricato da Totò Riina della morte di Giovanni Falcone. E’ lui la persona che scrutava la scena dalle colline del litorale.
Un’immane e surreale voragine trova posto sulla strada dove è esplosa la carica di tritolo. Tutt' intorno un paesaggio quasi lunare. A richiamare alla realtà sono solo le sagome delle tre auto che a malapena riescono ad essere scorte sotto la montagna di macerie. Giovanni Falcone muore alle 19.05 del 23 maggio del 1992 nell’estremo tentativo di un trasferimento all’ospedale civico di Palermo. Assieme a lui perdono la vita la moglie Francesca e i sei agenti della scorta. Si salvano miracolosamente un ventina di persone che al momento dell'attentato si trovano a transitare con le proprie autovetture sul luogo dell'eccidio. Ma non è finita. Due mesi dopo, il 19 luglio del 1992, in via d’Amelio a Palermo, una seconda carica di 100 kg di tritolo posizionata a bordo di una vecchia Fiat 126 strapperà la vita anche di Paolo Borsellino e dei cinque uomini della scorta. Se ne vanno così nell’arco di due mesi i due principali magistrati del pool antimafia, artefici del primi maxi processo contro Cosa Nostra: da quel processo scaturirono 360 condanne per complessivi 2665 anni di carcere e la mafia per la prima volta dovette seriamente fare i conti con la giustizia dello Stato. Fortunatamente di fronte a quelle immagini di morte la Magistratura, le Forze dell'ordine non persero la volontà di perseguire la lotta egli ideali che furono di Falcone e Borsellino e al loro lavoro per la prima volta si accompagnarono l'attenzione di tutte le forze politiche e la partecipazione convinta dei cittadini. Un impegno che quotidianamente ancor oggi deve essere perseguito da tutti a sedici anni da quelle stragi.
_______________
Giovanni Falcone
(Palermo, 18 maggio 1939 - 23 maggio 1992)
Paolo Borsellino
(Palermo, 19 gennaio 1940 – 19 luglio 1992)
Magistrati antimafia ed eroi italiani.
« Chi tace e chi piega la testa muore ogni volta che lo fa,
chi parla e chi cammina a testa alta muore una volta sola. »
« L'importante non è stabilire se uno ha paura o meno,
è saper convivere con la propria paura e non farsi condizionare dalla stessa.
Ecco, il coraggio è questo, altrimenti non è più coraggio ma incoscienza.»