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La forza e il coraggio della parola
Di DL4U (del 09/09/2008 @ 21:45:47, in My Seventies, linkato 914 volte)
Gli anni settanta sono stati anni confusi, controversi, drammatici ma se andiamo ad analizzarli nel profondo  straordinariamente irripetibili per alcune piccole ed importanti esperienze di vita che ci hanno donato. Nel panorama musicale delle canzonette italiane c'era chi, più di trent'anni fa, aveva il coraggio di spiazzare il pubblico con un linguaggio irriverente e surreale, fatto di versi taglienti e nel contempo dolcissimi, semplicemente giocando con le parole e con i gesti. Un pazzo, un clown, che saliva sul palco armato solo della propria voce roca e di una chitarra. Probabilmente questa era l'opinione della massa che, in quei tempi, non riusciva a capire cosa intendesse quello smunto folletto quando parlava di "cieli sempre più blu" (forse confondendoli drammaticamente con quelli classici "di cartone" di Modugno); per questo e per altri motivi spesso deriso, discriminato  forse odiato. Un uomo che forse ha avuto un'unica colpa: aver cercato semplicemente di essere  sempre e solo sè stesso in ogni modo ed in ogni situazione. Ora senza paura di essere smentiti possiamo dire che quel cantautore era nato troppo presto per i sui tempi, per il grande pubblico e per la società che così bene metteva alla gogna nelle sue canzoni, denunciandone magagne e storture con una precognizione senza pari. Purtroppo il destino l'ha chiamato a sè troppo presto e la forza del suo messaggio è stata compresa solo dopo la morte. Come spesso accade. C'è una citazione da una scena da  "La Meglio Gioventù"  che mi piace ricordare: "Gli dei di tanto in tanto si divertono ad inviare sulla terra alcune persone speciali, destinate a cambiare e segnare per sempre l'esistenza di chi vive vicino a  loro. Ben presto però gli dei sentono la mancanza di questi loro figli migliori e quindi li richiamano in fretta a loro strappandoli precocemente all'affetto dei loro cari che saranno così destinati a vivere nel loro perpetuo ricordo".   Leggete i versi che sotto vi trascrivo, datene la vostra intepretazione e rifletteteci sopra, come avrebbe voluto l'autore, come avrebbe voluto Rino.



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Mio fratello è figlio unico
Rino Gaetano, 1976

Mio fratello è figlio unico
perche' non ha mai trovato il coraggio di operarsi al fegato
e non ha mai pagato per fare l'amore
e non ha mai vinto un premio aziendale
e non ha mai viaggiato in seconda classe
sul rapido Taranto-Ancona
e non ha mai criticato un film senza prima prima vederlo
mio fratello e' figlio unico
perche' e' convinto che Chinaglia non puo' passare al Frosinone
perche' e convinto che nell'amaro benedettino
non sta' il segreto della felicita'
perche' e' convinto che anche chi non legge Freud
puo' vivere cent'anni
perche' e' convinto che esistono ancora
gli sfruttati malpagati e frustrati
mio fratello e' figlio unico sfruttato
represso calpestato odiato e ti amo Mariù
mio fratello e' figlio unico deriso
frustrato picchiato derubato e ti amo Mariù
mio fratello e' figlio unico dimagrito
declassato sottomesso disgregato e ti amo Mariù
mio fratello e' figlio unico frustato
frustrato derubato sottomesso e ti amo Mariù
mio fratello e' figlio unico deriso
declassato frustrato dimagrito e ti amo Mariù
mio fratello e' figlio unico malpagato
derubato deriso disgregato e ti amo Mariù

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